Oxford Hair Foundation: inaugurazione

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tutti i diritti riservati riproduzione consentita purchè sia citata la fonte "www.calvizie.net"

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Quali sono le novità emerse da questo Meeting?

A cosa servono i capelli?
I capelli degli umani sono unici. Rispetto a tutti i primati noi abbiamo più capelli di qualsiasi altra specie.
I capelli hanno una funzione attiva o rappresentano solo una “rimanenza” dell’ evoluzione’
Non ci sono delle risposte soddisfacenti. Gli esperti sono divisi sulla questione del ruolo dei capelli nella termoregolazione e fotoprotezione o se i capelli sono solo associati a segnali di attrazione sessuale fra gli individui.
Il cervello umano produce circa il 25% del calore metabolico. La teoria della termoregolazione è basata sul fatto che i capelli hanno un ruolo attivo nella termoregolazione ,visto che è molto più facile sudare con i capelli che senza.
I sostenitori di questa teoria discutono anche sul fatto che i capelli tipicamente ricci degli africani sono un adattamento al clima equatoriale.
Il concetto della fotoprotezione verso i raggi UV può avere un po? di credibilità , però come ribadiscono altri antropologi , perché non li abbiamo mantenuti anche sul naso visto che questa è la regione del corpo più esposta ai raggi solari? Inoltre non si sa se i capelli chiari dei nord- europei siano il risultato di un adattamento a condizioni di bassa esposizione di UV.

Un’altra teoria è che i biondi siano evoluti come un errore genetico di trascrizione dagli antenati scuri asiatici, giunti in Europa. A favore di questa teoria è anche il fatto che bimbi biondi nascono da genitori scuri nel sud del mediterraneo e in Australia.

Per quanto riguarda i capelli biondo-cenere degli scandinavi, c’è un dibattito sulla così detta teoria della scimmia antropomorfa acquatica che propone che 4 milioni di anni fa il nostro antenato nell’ Africa orientale ha perso i capelli del corpo ma mantenuto quelli del cuoio capelluto come risultato di un adattamento acquatico: i capelli proteggevano durante il nuoto o la caccia.
I peli sul petto dei maschi persistono in quantità variabile , e sono probabilmente segnali d’attrazione, a differenza di altre specie come i gorilla o i gli scimpanze che li mantengono anche nel dorso.
Comunque l’origine e l’ importanza dei capelli nell’evoluzione rimangono un mistero.Per alcuni antropologi i capelli sono importanti solo per l’aspetto estetico e questo è dimostrato dal fatto che i prodotti di styling possono cambiare nel giro di pochi minuti quello che l’evoluzione ci ha messo milioni di anni per modificare.

I capelli “brutti”
Un nuovo studio dal titolo “BAD HAIR DAYS” è stato condotto presso la Yale University ed ha concluso che il fenomeno dei capelli ?brutti? influisce negativamente sugli individui, aumentando le loro insicurezze sociali, l’autocritica e diminuendo la stima di sé.
Per capelli brutti si intende non solo capelli diradati e meno folti ma anche capelli grassi, capelli con poco volume, capelli elettrici e così via.
Questo studio,diretto dalla Professoressa La France psicologa della stessa Università, è stato condotto su uomini e donne di diverse etnie e diversi background culturali.

La Professoressa Valerie Randall dell’Università di Bradford ha dimostrato che le cellule della papilla dermica sotto effetto del DHT producono sostanze solubili che inibiscono la crescita del follicolo ed inducono la miniaturizzazione del capello caratteristica della calvizie.
Il goal futuro è identificare chimicamente queste sostanze e sintetizzare prodotti che le bloccano e le inattivano. Sarà così possibile bloccare la miniaturizzazione follicolare agendo “a valle” senza interferire con la funzione degli ormoni.

La professoressa Antonella Tosti della Università di Bologna ha illustrato lo stato attuale delle conoscenze sui geni che influenzano le malattie del capello: pensate che più di 100 geni regolano la funzione e la crescita del capello normale.
Negli ultimi 5 anni sono stati fatti progressi immensi. La calvizie è una malattia poligenica, quindi i geni in causa sono più di uno.
Per ora si sa con certezza che fra i geni coinvolti c’è quello che determina l’espressione del recettore per gli androgeni.
Non sono coinvolti invece i geni che inducono al sintesi del 5 alfa reduttasi, l’enzima che trasforma il Testosterone nel suo più potente metabolita Diidrotestosterone.

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