Inquadramento nosografico delle ipertricosi

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Introduzione
Parliamo comunemente di ipertricosi per indicare qualsiasi situazione in cui esista un oggettivo, o anche solo soggettivo, eccesso di peli.
Poiché la crescita dei peli “testoidi” è abbonante e tipica nel sesso maschile, l’ipertricosi, per definizione, riguarda esclusivamente il sesso femminile.
In senso stretto si definisce ipertricosi l’eccesso di sviluppo dei peli nelle regioni in cui questi sono normalmente presenti nella donna. Il termine irsutismo indica la comparsa di pelosità nelle zone normalmente glabre nella donna, quando poi questa pelosità è notevole, al punto da ricordare quella maschile, si parla di virilismo pilifero.
Lo sviluppo del sistema pilifero è influenzato da fattori genetico-razziali. L’incidenza della ipertricosi è insignificante nella razza gialla ed in quella nera, è poco comune nel Nord Europa, mentre è molto frequente nei popoli che originano dal bacino mediterraneo.

La diagnosi
La diagnosi di ipertricosi è in gran parte determinata culturalmente: questa condizione è accettabile in certe società ed inaccettabile in altre (dove le donne vedono in una ipertricosi, anche minima, una grave perdita di femminilità). L’ipertricosi raramente è causata da malattie gravi, nella maggior parte dei casi rappresenta la manifestazione clinica di disordini funzionali di differente tipo; inoltre lo stesso tipo di disordine può provocare una grande variabilità individuale in termini di distribuzione clinica dei peli e sintomi clinici associati. Anche i parametri ormonali possono cambiare spontaneamente durante il follow-up clinico delle pazienti, in relazione a modificazioni di secrezione, metabolismo e meccanismo d’azione degli androgeni. Pertanto, anche se la classificazione etiologica delle ipertricosi può sembrare semplice, definire una paziente “ipertricotica” sulla base dei parametri biochimici a nostra disposizione è il più delle volte impossibile.

Ipertricosi mediate dall’attività ormonale
Gli androgeni sono capaci di stimolare l’accrescimento dei peli sessuali. Nella donna le sorgenti di androgeni sono molte e diverse. Il testosterone (T) proviene soprattutto dalla conversione periferica di altri precursori steroidei (in particolare androstenedione) ed in minore misura dalla secrezione ovarica e surrenalica. Il diidrotestosterone (DHT) proviene interamente dalla conversione periferica di androstenedione e testosterone essendo la sua secrezione ghiandolare irrilevante in condizioni fisiologiche. Androstenedione, deidroepiandrosterone (DHEA) ed androstenediolo provengono invece in gran parte dalla secrezione ovarica e surrenalica ed in minor misura dalla trasformazione periferica di precursori. Il deidroepiandrosterone solfato proviene solamente dalla secrezione surrenalica (DHEAS).
L’origine di alcuni androgeni ed i loro livelli circolanti cambiano in funzione del periodo mestruale (la secrezione ovarica di androgeni è massima nella fase follicolare tardiva). Per tale ragione il migliore momento per il campionamento è nel 2° giorno del ciclo. Tutti gli androgeni vengono secreti episodicamente e molti di essi posseggono un ritmo circadiano. Nel sangue alcuni androgeni (T e DHT per es.) circolano legati ad una globulina specifica (che possiede alta affinità ma scarsa capacità di legame) detta sex hormone binding globulin (SHBG) altri sono legati debolmente alle albumine (a grande capacità e bassa affinità).

Uno degli aspetti chiave del meccanismo d’azione degli androgeni nell’irsutismo è il loro metabolismo a livello delle strutture bersaglio. Solo una piccola parte del DHT circolante proviene dal metabolismo tissulare del testosterone, mentre la maggioranza proviene da conversione epatica. Lo stesso si verifica per il 5alfa-androstan-3alfa-17beta-diolo, metabolita del DHT.
Da questo risulta che diidrotestosterone e 3alfa-diolo circolanti non possono essere in nessuna maniera spia umorale della attività metabolica dei tessuti bersaglio degli androgeni. Al contrario il 3alfa-diolo glicuronide circolante proviene in larga misura dalla conversione del DHT, più precisamente 50% nei maschi e quasi 100% nelle femmine. Di conseguenza il 3alfa-diolo glicuronide può essere considerato il marker biochimico più preciso della attività androgenica a livello dei bersagli nella donna ed il marker biochimico dell’irsutismo. Riscontrare elevati livelli ematici di 3alfa-diolo glicuronide nella donna equivale a porre diagnosi di ipertricosi o irsutismo ormonale. D’altra parte, poiché questo androgeno è espressione dell’ipermetabolismo androgenico a livello cutaneo, il riscontri di livelli elevati di 3alfa-diolo glicuronide non fa porre alcuna diagnosi etiologica, equivale solo alla constatazione clinica della presenza dell’aumento di peli ma indica che questa è mediato da attività ormonale periferica.

La determinazione degli androgeni nel sangue è di scarsa utilità ai fini della diagnosi in caso di ovaio policistico o irsutismo idiopatico.
Fatta eccezione per i tumori, le iperplasie surrenaliche congenite e l’ovaio policistico è spesso molto difficile stabilire l’origine dell’iperandrogenismo in corso di ipertricosi o di irsutismo.
Tutti i disordini associati ad irsutismo o a virilismo della corteccia surrenale si accompagnano ad un aumento di 17 ketosteroidi ricordiamo che questi composti sono così chiamati perché hanno un gruppo chetonico in posizione 17 e sono neutri, pertanto il testosterone non è incluso tra di essi.

L’anamnesi sarà spesso molto orientativa per la patogenesi di una ipertricosi.
Una ipertricosi in una donna in età riproduttiva con ciclo mestruale regolare difficilmente sarà sostenuta da un disturbo ormonale.
Mestruazioni abbondanti o vere menorragie faranno pensare a cicli anovulatori.
La presenza di sindrome premestruale farà sospettare una insufficienza progestinica.
Un irsutismo con note di mascolinizzazione, defluvio androgenetico incipiente e amenorrea farà sospettare un deficit surrenalico congenito.
Un irsutismo con nette note di virilismo insorto rapidamente in una donna nella terza quarta decade di vita sarà orientativo per una patologia neoplastica.

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